FILA INDIANA PER L’IMBARCO, MA NON PER TUTTI: LA FIRST LADY DI URSO SUPERA TUTTI A FIUMICINO, CON TANTO DI SCORTA E SILENZIO MINISTERIALE
Quanto ci piace questa Italia. Terra di sole, mare, pasta fatta in casa e… corsie preferenziali per le mogli dei ministri.
È successo a Fiumicino, l’aeroporto dove i comuni mortali affrontano file chilometriche, bagagli smarriti e borsette trasparenti con liquidi sotto i 100 ml. Ma non per tutti. No, perché la signora Urso, moglie del Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, ha avuto l’onore di farsi spazio verso l’imbarco con la discreta e gentile assistenza della scorta lasciando indietro chi aspettava il proprio turno come se fossimo ancora in una democrazia fondata sull’uguaglianza.
Il tutto si è consumato sotto lo sguardo attento (e perplesso) di Luca Zingaretti, il celebre volto del commissario Montalbano, che ha immortalato l’episodio in un video-denuncia diffuso sui social. Zingaretti non ha usato toni da fiction, ma bastava chiudere gli occhi e immaginare la voce di Andrea Camilleri per sentire l’eco di un nuovo romanzo: “Privilegi e Passaporti“, magari ambientato in un’Italia in cui una moglie d’operaio dell’Ilva aspetta in coda con la speranza d’imbarcarsi, mentre quella del ministro vola, letteralmente, a bordo saltando la fila.
Alla domanda di una giornalista di “Repubblica”, posta con l’ingenuità di chi crede ancora nello spirito repubblicano (“Ministro, secondo lei, però, è stato giusto avere scavalcato la fila?”), il silenzio. Il Ministro Urso, presente sulla scena, ha spiegato che non si è accorto di nulla perché era al telefono per preparare una riunione sull’Ilva. Probabilmente stava elaborando una nuova strategia di rilancio a base di corsie preferenziali e tappeti rossi per coniugi.
Bastava un “no”, una parola secca e democratica, di quelle che si insegnano alle elementari. Ma sarebbe stato troppo popolare. Troppo semplice. Troppo… normale.
E così, mentre la Repubblica si fa piccola dietro a un vetro dell’imbarco, l’Italia vera resta in fila, in attesa. Di un aereo. Di una risposta. Di un Paese dove anche le mogli dei ministri possano provare l’ebbrezza di un “attendere prego”.
Ma forse è chiedere troppo.
