NOI, CONFINTESA
Siamo nati in un tempo in cui tutto sembrava già detto. Ma non tutto era giusto, non tutto era vero, non tutto era vivo.
Confintesa nasce come atto di rottura e di ricomposizione: rottura con le logiche vecchie del sindacalismo autoreferenziale, e ricomposizione di un’idea nuova di rappresentanza, più umana, più organica, più generativa.
Abbiamo scelto di non essere un sindacato di massa, ma di senso. Non ci interessano numeri se non sono nomi, volti, storie. Non ci interessano poltrone se non servono a cambiare. Non ci interessano simboli se non sono simboli vivi, se non incarnano una visione.
L’universo che ci contiene
Viviamo in un sistema più grande di noi. Il mondo non si esaurisce nella politica, nel lavoro, nel diritto. Esiste un ordine, una trama più ampia, che chiamiamo realtà. La nostra azione sindacale parte da qui: dal riconoscere che ogni ingiustizia, ogni squilibrio, ogni abuso è una ferita a quell’ordine. Non siamo tecnici del contratto. Siamo custodi di un’idea di armonia sociale.
Nel mondo vediamo forze in conflitto. Ma non ci uniamo al coro dei nichilisti. Crediamo che sia possibile, ancora oggi, pensare a un equilibrio, a un’armonia concreta. Non come utopia, ma come impegno. Confintesa nasce per servire questa armonia, per riportare la dignità dove è stata strappata, il rispetto dove è stato umiliato, il senso dove si è persa la direzione.
L’umanità che vogliamo
Non siamo qui per difendere “categorie”. Difendiamo persone. Con i loro limiti e con le loro speranze. Non ci interessa dividere tra pubblici e privati, garantiti e non garantiti. L’umanità non è una lista contrattuale. È un corpo vivo, in cammino.
Vediamo una società che disgrega, che mercifica, che consuma i legami. Vediamo un tempo che trasforma ogni diritto in concessione, ogni dovere in fardello. Per questo parliamo di generatività: perché vogliamo ridare senso alla parola “lavoro”, vogliamo che torni ad essere un atto creativo, non un’esecuzione passiva. Vogliamo che il lavoratore sia riconosciuto non solo per ciò che produce, ma per ciò che è.
L’individuo che agisce
Nel cuore della nostra proposta c’è l’individuo. Non l’individuo isolato, narcisista, ma quello consapevole di far parte di un tutto. L’individuo che agisce, che partecipa, che sceglie. Confintesa non è una macchina burocratica. È un organismo. E ogni suo “pezzo” deve essere vivo, pensante, capace di discernere.
Rifiutiamo l’idea di una rappresentanza passiva, che fa scelte al posto delle persone. Noi proponiamo un sindacalismo attivo, dove ogni iscritto è chiamato a formarsi, a comprendere, a contribuire. La libertà non è una delega. È una responsabilità.
La società che costruiamo
Il nostro sindacalismo non è neutro. Non è un “mezzo” per ottenere vantaggi individuali. È un progetto sociale. Quando firmiamo un contratto, quando partecipiamo a una trattativa, quando interveniamo in una vertenza, non stiamo solo tutelando qualcuno: stiamo contribuendo a costruire un’idea di società.
Una società dove i più fragili non siano nascosti, dove i lavoratori non siano ridotti a numeri, dove le istituzioni ascoltino invece di comandare. Una società organica, non meccanica. Una società fatta di relazioni, non di prestazioni.
Lo Stato che riconosciamo
Non ci interessa la demagogia. Non ci interessa nemmeno il cinismo. Confintesa riconosce nello Stato un soggetto necessario. Ma non accettiamo uno Stato inefficiente, autoreferenziale, nemico dei suoi stessi servitori. Difendiamo il lavoro pubblico non per ideologia, ma perché è lo scheletro di una comunità. Ma pretendiamo che sia responsabile, giusto, trasparente.
Non basta lo Stato. Servono persone che se ne prendano cura. E questo vale anche per il sindacato: non basta esistere, bisogna meritare di esistere.
Una nuova coscienza
Viviamo in una società stanca, dove i riferimenti sono saltati, dove tutto viene relativizzato. Noi non ci tiriamo indietro. Proponiamo una visione. Una visione che non separa etica e politica, che non contrappone spirito e azione, che non riduce il lavoro a merce.
Il nostro modello è una “coscienza attiva”. Un sindacato che sa dire sì e no, che sa stare nel mondo senza confondersi con il mondo. Un sindacato che ha dei princìpi, e li vive. Un sindacato che non vuole piacere a tutti, ma essere utile a molti.
Una nuova arte del sindacare
Non ci basta “fare sindacato”. Vogliamo rifondarne l’arte. C’è un modo vecchio e logoro di rappresentare: pieno di parole vuote, di sigle stanche, di gesti rituali. Noi vogliamo un modo nuovo. Più sobrio, più efficace, più umano.
Un sindacato che si fa capire. Che ascolta prima di parlare. Che interviene quando serve e tace quando è saggio. Un sindacato che sa essere anche bellezza: nel linguaggio, nei gesti, nei volti. Perché la forma conta. Perché la forma dice qualcosa della sostanza.
Una nuova filosofia del lavoro
Abbiamo bisogno di senso. Non bastano le regole. Non bastano le tabelle. Abbiamo bisogno di rimettere il lavoro dentro una visione della vita. La nostra è una filosofia semplice: che il lavoro non sia schiavitù, ma possibilità. Non alienazione, ma espressione. Non solo fatica, ma anche dignità.
Tutto ciò che facciamo come sindacato – contrattare, formare, organizzare – serve a questo: restituire senso. Dove c’è senso, c’è futuro.
Una nuova pedagogia sociale
Senza formazione non c’è libertà. Per questo abbiamo scelto di essere anche scuola. Una scuola diffusa, continua, che non insegna dottrine ma strumenti. Formiamo quadri sindacali, ma formiamo prima persone. Perché chi rappresenta gli altri deve saper rappresentare sé stesso.
Nelle nostre sedi si ascolta, si studia, si discute. Non cerchiamo discepoli. Cerchiamo alleati. Ogni dirigente Confintesa sa che il primo compito non è decidere, ma comprendere. Non comandare, ma guidare. E per guidare bisogna imparare.
Tradizione e futuro
Siamo nati nel 2003. In pochi anni siamo entrati nelle trattative nazionali, nel CNEL, nei tavoli che contano. Ma non viviamo di medaglie. Guardiamo avanti. Il nostro compito è proiettare la memoria nel futuro. Portare le intuizioni di ieri a nutrire le sfide di domani.
Sappiamo da dove veniamo. Sappiamo cosa ci ha fatto nascere. Ma soprattutto sappiamo perché restiamo: perché c’è ancora bisogno di un sindacato libero, coerente, umano. Confintesa non è una parentesi. È un processo.
L’Uomo Nuovo
Il sindacato che immaginiamo ha bisogno di un nuovo tipo di persona. Una persona che si pone domande. Che non ha paura della complessità. Che non scambia il lamento per lotta. Che non cerca scorciatoie, ma cammini.
A questa persona ci rivolgiamo. A chi ha capito che non basta cambiare i governi, i contratti, le norme. Serve cambiare lo sguardo. Serve cambiare sé stessi. Il cambiamento non parte da Roma. Parte da ciascuno di noi.
Un sindacato basato sulla concretezza non sulle parole, fatto di persone che vengono realmente ascoltate, seguite difese e aiutate. Un sindacato che sa dire di sì e no….con una coscienza attiva…per non piacere a tutti ma essere utile a molti e costruire una società migliore.